Subdola subordinazione della gestione dei procedimenti disciplinari
Oggi il responsabile dei procedimenti disciplinari negli enti locali normalmente è il segretario comunale. Le responsabilità nell'ambito pubblico sono cinque: civili, penali, amministrative, contabili, disciplinari. Per gli episodi superiori a 10 giorni potrebbe essere stato istituito un Ufficio Procedure Disciplinari, mentre sotto tale limite in realtà ogni posizione organizzativa o apicale di settore dovrebbe esercitare il potere disciplinare comminando direttamente le sanzioni ai dipendenti trasgressori. Ovviamente quasi nessun apicale/posizione organizzativa/dirigente diverso dal segretario comunale esercita l'azione disciplinare anche se ci sarebbe un precisissimo dovere di farlo. Non lo fanno per non avere problemi. Non lo fanno per molti motivi, tutti (in)giustificabili, (il)leciti e da preciso vaglio di mancanto esercizio dell'azione disciplinare (solo che è di difficile dimostrazione, non lo fanno perché c'è già chi è carne da cannone: il segretario comunale, perché esporsi anche loro per rischi inutili?). Per come ci si sveglia alla mattina e ci si specchia la dignità professionale non dovrebbe mai essere ostaggio di situazioni o di soggetti. Sarebbe sempre da pretendere il massimo rispetto per il proprio lavoro oggi e sempre, ovviamente prima di pretendere il rispetto occorre anche darlo; quindi sempre distaccati, e gestione procedurale con massima formalità, l'informalità potrebbe essere al massino nei colloqui o nelle occasioni di audizione. Poiché il segretario comunale viene vituperato sia dal governo Renzi I che è riuscito ad ottenere da un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, una legge delega per la definitiva abolizione - forse anch'essa con proflili di incopstituzionalità- che alcuni addirittura oggi nemmeno osteggiano perché trovano la situazione da accanimento terapeutico, sia dal sistema normativo dl DPR 465/97 e dall'art. 100 TUEL, ma anche dalla possibilità di disfare le convenzioni di segreteria in poco tempo di fatto interrompendo il rapporto di servizio senza doverne indicare le ragioni, si approda ad una situazione paradossale che la politica di fatto controlla alche i minimi aspetti della finta competenza esclusiva del dirigente del personale e datore di lavoro. Il ricatto possibile spesso nemmeno tanto velato si compie ogni volta che il personale oggetto di eventuali addebiti disciplinari perde volontariamente dignità e contegno a fronte di un esercizio di disciplianre contrappone una serie di pressioni indegne irrispettore ed al limite del codice penale pur di dimostrare che nel loro orticello qualcosa ancora si conta. La cosa grave è che trovino la sponda di chi massimo esponente ritenga di dimostrare il proprio ruolo sbordando nelle competenze degli altri o minacciando mali ingiusti in caso di mancata realizzazione del propri "desideri". Pagine tristissime della gestione degli enti locali che culminano negli arresti di questi mesi perché è lo stesso concetto del delirio di onnipotenza tipico del neurochiururgo, che nemmeno si infrange quando vengono indagati arrestati condannati. Ancora pensano di aver fatto "il bene del paese". La cosa divertente è che effettuati chiari parallelismi con la professione che svolgono, con esempi di omissioni di atti d'ufficio, abuso d'ufficio, certificazioni di situazioni non rispondenti alla realtà, ecc..., risulta evidente che comprendono perfettamente i rischi se "ribaltati" nel loro mondo, ma ovviamente essere simpatici ed accondiscendenti con il "rischio" degli altri è molto più semplice. Una sorta di armiamoci e partite che è tipico delle situzioni dittatoriali. Che sfociano quasi sempre in un tipico "sono io il sindaco e comando io" o "lei non sa chi sono io", decisamente fuori luogo e tempo e al limite della pateticità. Qui si determina una situazione di mancato rispetto, totale mancato rispetto, delle competenze esclusive in capo ad un soggetto predeterminato per legge, nemmeno sarebbe giustificato se "esagerasse" posto che l'esercizio dei poteri datoriali di lavoro non incontra l'obbligo di essere terzo, cosa che invece ha il Giudice del lavoro se adito per far valere le proprie ragioni (in qesto caso per impedire DURANTE lo svolgimento dell'azione per orientarne la decisione o porre le basi per comunicare le possibili ingiuste conseguenze in caso di mancato allineamento ai "desideri del sindaco". Al di là di ogni aspetto volto alla verifica di omissioni di atti d'ufficio o a eventuali minacce o estorsioni contro un corretto esercizio del potere disciplinare, si rileva che in tutti i casi in cui la dirigenza viene controllata dalla politica essa si corrode e nella migliore delle ipotesi per non dover compiere illeciti deve faticare non poco anche solo per rimanere distaccata ed indipendente. Peccato che tutti questi casi non vengono mai approfonditi dai massimi esponenti della dottrina. Sarebbe interessante far svolgere nelle prove concorsuali uno scritto che richieda al candidato svolti brevi cenni sul CCNL di categoria di adottare gli atti che ritiene più opportuni rispetto alle seguenti ipotesi di scuola[1]: 1) Tizio che ama fare servizi al Sindaco quali comprare telefonini on line o ripristinare le rubriche telefoniche approfittando della speciale vicinanza lo fa intervenire presso l'RPC per evitare del tutto un disciplinare. 2) Caio è oggetto di un provvedimeno disciplinare per omesse timbrature e gestione poco scrupolosa delle presenze, non contento del richiamo verbale intende proporre azioni giudiziarie o di composizione della vertenza paventando gestione non corretta dei dati riservati quando all'ufficio protocollo/segreteria/UPD sono tenuti al segreto d'ufficio. 3) Sempronia destinataria del medesimo provvedimento di Tizio si comporta con inusuale (inusuale per la maggioranza dei dipendenti) integrità e accetta la comminazione della sanzione con dignità e contegno. RARA AVIS. 4) Mevia oggetto di contestazione addebiti non protocolla e piange per ore con: il sindaco, vicesindaco, tutti gli assessori, consiglieri delegati, responsabile procedimenti disciplinari (manca solo il vescovo); inoltre non protocolla omettendo atti e doveri d'ufficio e a forza di fare pressioni trova in una delle innumerevoli occasioni tragiche il massimo rappresentante dell'ente che stremato e sfinito straccia le contestazioni promettendoLe che sarà tutto archiviato. In una telefonata del massimo vertice che sottolinea che essendo sindaco comanda lui, con l'RPC e procedente per Ufficio Disciplinare traspaiono possibili conseguenze in caso di mancata archiviazione. QUID IURIS? Sembra cosa da poco ma in effetti a seconda della profondità a cui si vuole arrivare l'RPC ha una strada in salita e irta di ostacoli: deve riuscire almeno ad evitare l'omissione di atti d'ufficio, meditare se l'effetto estorsivo chiarissimo sia davvero penalmente rilevante e magari avendo l'obbligo di rapporto dovrà svolgere gli atti verso la Procura della Repubblica competente per territorio. In secondo piano nasce l'esigenza di contestare nuovi addebiti per aver omesso protocollazioni e doveri d'ufficio (grave) oltre che aver svolto pressioni indebite e salto gerarchico rivolgendosi praticamente a tutto l'universo per contrastare la legittima azione disciplinare. In questa occasione doveri d'ufficio dignità e contegno sono stati completamente disattesi dalla salice piangente Mevia. L'episodio negativo per la gestione si riverbererà per anni ed anni facendo ancora presente che in ITALIA la gestione del personale negli enti locali è ancora affidata a metodologie esterne e a condizionamenti più vicini alle mafie che a una corretta gestione del rapporto di lavoro. La responsabilità disciplinare è importantissima perché è di fatto l'unica ad essere attuata in tempi brevi e certi, mentre nell'ambito penale o contabile per eseguire una sentenza occorre anche aspettare pià di dieci anni, situazione completamente diversa e che crea anche solo per la distanza del tempo e per le mutate situazioni sia oggettive sia dei soggetti coinvolti, nella migliore delle ipotesi una incomprensione oggettiva del esecuzione. Questi aspetti di poco conto per alcuni sono la quotidianità che i segretari comunali ed RPC si trovano ad affrontare in ogni giornata lavorativa, per questi motivi non si ritiene così strano pensaare a malattie professionali quali infarto, sindromi da burn out, che spesso, però, non vengono nemmeno riconosciute se non a fronte di specifico contenzioso che il malcapitato deve attivare con dispendio di energie e risorse. La sintesi non riduttiva delle ipotesi occorse in questi anni è che NON PARLANO LA MIA LINGUA, eppure siccome tra di loro si "capiscono" potrebbe sorgere legittimamente il dubbio che la civiltà aliena alla quale appartengo non riesca a entrare in contatto con questi esseri pur dotati di capacità espressive. Appena saremo in grado (i miei simili di civiltà aliena alla vostra ed io) di comprendere perché gli schemi dei vostri ragionamenti vadano contro ad ogni logica ed etica minima, ecco, lì finalmente, potremo parlarci. nel frattempo continuerò a sentirmi (orgogliosamente) come quel protagonista di un film di Hitchcock che gradualmente capisca i suoi interlocutori sempre meno. [1]NOTA: ogni riferimento è puramente casuale e non ha alcuna intenzione di riferirsi a cose o persone concrete viene inoltre adattato per una ipotesi di scuola, perché che ci crediate o no, la realtà invece è molto, ma molto, peggio. paolo bertazzoli segretario generale in enti locali componente direttivo UIL Lombardia per approfondimenti: http://www.libreriauniversitaria.it/cinque-responsabilita-pubblico-dipendente-tenore/libro/9788814150524